Genetica e selezione - Prima parte Stampa E-mail
Giovedì 17 Aprile 2008 11:50

di Peppe Varriale

A proposito di genetica e selezione, credo sia utile tornare su alcune considerazioni di tipo genetico riguardanti la razza. La domanda è: può l'ambiente influire sulla genetica?

Augustin propone il famoso assioma: madre x padre x educazione. Antonio applicò questi principi di selezione, considerando l'ambiente un elemento fondamentale. Nel corso degli anni ho cercato di appuntare la mia attenzione sull'effetto degli ormoni nei cuccioli, durante la gestazione. Da questa analisi personale ho compreso che c'è di fatto un'influenza ambientale.

In realtà esistono sperimentazioni che mostrano che le femmine che stanno insieme ai maschi durante la gestazione, finiscono con l'assumere comportamenti molto simili ai maschi. Questo induce ad avere femmine molto più determinate caratterialmente al combattimento. In questo modo noi assicuriamo la trasmissione e il rafforzamento di caratteri che servono allo scopo, incluso il perfezionamento di questo aspetto. Da lì scaturisce l'attivazione di geni, che potremmo definire dominanti, che favoriscono alcune peculiarità ricercate nella razza e desiderabili come tali.

Questa è chiaramente una mia personale opinione maturata nell'arco degli anni. Ho sempre pensato che avendo a disposizione la qualità fenotipica o somatica, la selezione l'avrei strutturata mettendo in risalto l'aspetto del combattimento. Non vorrei essere frainteso, per carità. Quando parlo di combattimento o aggressività, evidenzio un aspetto genetico naturale, per selezione, non cercato con metodologie e pratiche esecrabili. Seguendo il metodo di Antonio, ho selezionato solo dogos con questa caratteristica, cercata assiduamente dallo stesso creatore della razza appunto. Antonio lo faceva senza alcun problema, cercando sempre il coraggio nel dogo e selezionando solo gli esemplari con questa caratteristica.

Da qui si origina anche un altro aspetto molto importante per Antonio, relativo alla taglia del dogo. Il peso e l'altezza di un dogo non solo dipenderanno per Antonio dalla selezione fatta, ma anche dalla funzione da svolgere, il combattimento appunto. Per questo motivo i geni che allontanano da questa "geometria" selettiva erano evitati e sempre si favorivano geni che si avvicinassero al bullterrier.

La storia ci indica che le femmine antoniane erano piccole, non più di 33 kg a volte, mentre i maschi si selezionavano sempre tra i più grandi, poiché i meticci utilizzati in tutte le famiglie, potevano essere molto grandi e pesanti. Le femmine erano dunque responsabili del mantenimento del peso nella selezione a seguire.

Così lo standard fu sempre realizzato guardando ai maschi, rifinendo l'assioma TIPO e SOSTANZA. Di fatto nelle lotte destinate a mostrare le straordinarie capacità del dogo, furono sempre i maschi a portare alta la bandiera della razza. Sugli scudi insomma c'erano i maschi non le femmine! Così i maschi dovevano dare mostra di tipicità riuscita, senza concessioni. Le femmine, essendo parte integrante della razza, potevano essere davvero ottimi esemplari, essendo loro stesse figlie di cani molto buoni sia nel TIPO che nella SOSTANZA. In questo modo Antonio si assicurava la trasmissione dei carattere desiderati.

Bisogna anche ricordare che la selezione di Antonio per quel che riguarda la testa nei maschi, era sempre in linea aperta di sangue. Fu con questi esemplari che iniziò poi il percorso della consanguineità che fu responsabile della omogeneità genetica. Quando appariva un maschio adatto alla selezione in base ai suoi criteri e propositi, Antonio lo utilizzava senza esitazione e iniziava l'accoppiamento in consanguineità con le sue femmine tutte parenti strette, escludendo quelle che non lo erano. Questo procedimento selettivo ha una sua logica perché in quelle femmine c'era il potere di omogeneità razziale. E' per questo che il maschio è dunque la possibile opzione selettiva razziale. In questo modo i dogos possono procedere attraverso linee e tipologie di accoppiamento distinte le une dalle altre, poiché tutti loro possiedono alcuni geni più dominanti di altri secondo il principio di selezione per TIPO e PROVENIENZA.

Fondamentale è "leggere" il peso genetico che si esprime attraverso le caratteristiche somatiche o fenotipiche che sono poi la stessa cosa. Quando per selezione non si è più in grado di dominare, a dispetto della pressione selettiva, i geni indesiderabili, allora si deve ricorrere a linee diverse che al contrario siano dominanti nei geni che si cercano, seppure il TIPO non sia il più corretto. Ho potuto selezionare in passato maschi che avevano un'altezza maggiore rispetto a quella prescritta dallo standard antoniano, sempre che non avessero tuttavia certe caratteristiche che mi dimostrassero che i geni erano già irrimediabilmente dominanti. All'interno di questa scelta, sono stato attento ad alcuni aspetti per me importanti. Anche se alto e grande, un esemplare non doveva assolutamente avere garretti e posteriore da Danese. Anche se molto forte, specialmente nei garretti, ho evitato di utilizzare quel tipo di maschio perchè quella condizione peculiare mi dimostrava un allontanamento in corso dalla base che sarà sempre impostata sul Bulldog e sul Bullterrier. Quindi quand'anche mi è capitato e mi capita un esemplare corretto e con un'eccellente testa, non lo uso, perché finirebbe col far pendere la bilancia genetica verso un cammino in salita e dovrei eliminare dovendo inesorabilmente la linea genetica iniziata. Così la chiave è "leggere" gli esemplari e questo esige un'attenzione che si esercita con anni e anni di esperienza e co l'aiuto di un maestro, una guida in grado di trasmettere le conoscenze che esige questa abilità.

PS: Per questo motivo, ritengo che in selezione possa essere utilizzato un cane alto e grande, purchè questo non comprometta l'iter selettivo intrapreso, gettando alle ortiche un lavoro lungo e faticoso.

 
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